Intervista al presidente nazionale di Confindustria, Vincenzo Bozza

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Vincenzo boccia, presidente nazionale di Confindustria

A tu per tu con Vincenzo Boccia su nuovo governo, industria 4.0 e semplificazione burocratica. Dell’Abruzzo apprezza il coraggio e la forza di volontàDi Maura Di Marco

Una nota inviata al nuovo governo tocca i punti fondamentali di una ripresa auspicata ma forse ancora lontana. Quali sono gli elementi salienti di questo appunto fatto avere al premier Conte sui quali Confindustria non è disposta a fare passi indietro?
«La ripresa c’è, ma è molto fragile. E nei primi mesi del 2018 stiamo purtroppo assistendo
ad un rallentamento della crescita dovuto principalmente al calo dell’export, ma non solo.
A queste condizioni, e con il nostro debito pubblico, dobbiamo stare attenti perché camminiamo su una lastra di ghiaccio molto sottile. Al premier Conte e al governo diciamo
che possiamo confrontarci e dialogare su tutto e siamo disposti a dare il nostro contributo.
Su una cosa però vogliamo essere chiari: serve uscire dagli annunci elettorali e dalla logica del tutto e subito per evitare di mettere a repentaglio la tenuta dei conti pubblici.
Ecco su questo non si possono fare passi indietro. Per il bene del Paese e delle generazioni
future. La nostra missione è il lavoro. Le precondizioni, crescita e riduzione del debito».

Nel suo discorso ad inizio mandato c’è una riflessione attenta ed allo stesso tempo amara sulla politica europeista. L’Italia non può e non deve uscire dall’area Schengen sebbene siano tanti gli elementi da rivalutare. Come legge, in questo senso, la nuova azione restrittiva italiana e cosa intende suggerire in tal senso?

«Non esiste un’Europa senza l’Italia. E non c’è Italia senza Europa. Certo, ci sono molti passi ancora da compiere per raggiungere una piena e convincente Unione ed è proprio su questo che dobbiamo concentrare la nostra attenzione e i nostri sforzi. Si deve cambiare, abbiamo detto, ma non distruggere. E intervenendo dall’interno. Il governo fa bene ad alzare la voce se si tratta di una strategia per rafforzare l’Eurozona e orientarla alla crescita e alla sostenibilità. Ma la nostra partecipazione all’Europa è fuori discussione. È la nostra casa. La risposta ai nostri problemi. E, come ripetiamo spesso anche nel contesto di BusinessEurope, dobbiamo convincerci che la sfida non è tra Paesi dell’Europa ma dell’Europa tutta e il mondo esterno. In questo contesto l’Italia può svolgere un ruolo centrale di stimolo e indirizzo. E lo sta già facendo, in particolare, con le Confindustrie di Francia e Germania».

Sul decreto dignità ci sono tante ombre. Lei parla di una restrizione dell’occupazione, di bassi incentivi all’assunzione da parte delle aziende mentre il governo denuncia soprusi attraverso i contratti a 36 mesi. Dove sta la verità?

«Le finalità del Governo di combattere l’abuso sui contratti a termine e la precarietà sono
giuste e condivisibili. Ma gli strumenti sono sbagliati. La durata “ordinaria” del contratto a
termine che viene ridotta da 36 a 12 mesi può provocare, per esempio, un maggiore turnover. Inoltre, l’aumento del 50% dell’indennità di licenziamento è un modo per recuperare risorse dalle imprese, una vera incoerenza per chi propone di ridurre l’imposizione sulle aziende. Noi speriamo che si possa intervenire in Parlamento per correggere e migliorare le misure. Siamo disponibili al un confronto e a dare il nostro contributo».

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