Un giorno, forse non troppo lontano, l’umanità potrà generare energia così come avviene nel cuore del Sole: pulita, inesauribile, sicura. Il racconto dell’esperienza francese della Walter Tosto per “replicare il Sole sulla Terra”

Non più un sogno confinato alla fantascienza, ma un progetto concreto, reso possibile dall’impegno congiunto di ben 34 Paesi che hanno scelto di unire forze, risorse e visioni in una delle più grandi sfide scientifiche mai intraprese dall’uomo: ITER.

L’acronimo, che sta per International Thermonuclear Experimental Reactor, racchiude già nel suo doppio significato la sua ambizione: in latino iter vuol dire “cammino”, e questo percorso rappresenta davvero il viaggio verso un nuovo paradigma energetico, quello della fusione nucleare, la stessa reazione che alimenta le stelle.

Un momento della visita all’interno della centrale di Cadarache.

ITER: il progetto mondiale per replicare l’energia delle stelle

L’obiettivo è tanto semplice da enunciare quanto straordinario nella sua portata: costruire il primo reattore sperimentale capace di produrre più energia di quanta ne consumi per innescare e mantenere la fusione del plasma. In altre parole, riprodurre in laboratorio il motore dell’universo.

Tra i protagonisti di questa straordinaria avventura tecnologica – che per complessità e portata scientifica non ha precedenti – spicca un’eccellenza tutta italiana, anzi abruzzese: la Walter Tosto.

L’azienda di Chieti è entrata nella storia del progetto nel 2010, quando Fusion for Energy affidò al consorzio AMW (Ansaldo – Mangiarotti – Walter Tosto) la realizzazione di cinque settori del gigantesco Vacuum Vessel, il cuore metallico della macchina di ITER. Una sfida industriale e tecnologica che ha premiato decenni di esperienza, innovazione e una maestria nella saldatura riconosciuta a livello internazionale.

Il Vacuum Vessel: il cuore metallico di ITER costruito in Abruzzo

Ma che cos’è il Vacuum Vessel? Si tratta di un immenso contenitore a doppia parete destinato a ospitare la reazione di fusione.

Un ambiente “pulito”, in grado di impedire l’ingresso di aria, polveri o impurità, dove un plasma incandescente, confinato da magneti superconduttori di potenza mai vista prima, potrà fluttuare senza entrare in contatto con le pareti. In totale saranno costruiti nove settori: cinque a carico dell’Europa e quattro della Corea del Sud.

Ebbene, il secondo settore europeo è stato realizzato proprio in Abruzzo, dalla Walter Tosto, e consegnato lo scorso marzo con una cerimonia che ha fatto parlare di sé in tutto il mondo.

I numeri danno la misura dell’impresa: 19,4 metri di diametro, 11,4 metri di altezza, 5200 tonnellate di peso, circa 150 chilometri di cordoni di saldatura. Per costruirlo sono state necessarie almeno 100.000 ore di lavorazione meccanica e oltre 20.000 ore di lavorazione meccanica di precisione, svolte sotto il controllo costante di team di tecnici, ingegneri, esperti di metrologia e responsabili qualità, impegnati a ridurre al minimo ogni margine di rischio.

Dentro il cuore di ITER: la visita al sito di Cadarache

Per raccontare da vicino questa sfida visionaria ci siamo recati a Cadarache, nel sud della Francia, tra campi di lavanda e villaggi di pietra color miele.

Qui, nel comune di Saint-Paul-lès-Durance, sorge il più grande centro europeo di ricerca sull’energia nucleare, sostenuto dal CEA (Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives), l’ente pubblico francese che da decenni guida la ricerca avanzata nei settori dell’energia, della difesa, delle scienze della materia e della vita.

Da sinistra Alessandro Bonito Oliva, Luca Telese, Pietro Barabaschi, Luca Tosto, Massimiliano Tacconelli, Daniele Cristofani, Boris Bellesia, durante la visita alla centrale di Cadarache in Francia

Insieme a chi questa impresa la vive da protagonista ogni giorno, abbiamo varcato i cancelli di quello che può essere definito senza esitazione uno dei cantieri scientifici più ambiziosi mai realizzati dall’uomo. Luca Tosto, amministratore delegato di Walter Tosto, e Massimiliano Tacconelli, VP Nuclear e Big Science Director dell’azienda, ci hanno, infatti, accompagnato direttamente nel cuore del sito di Cadarache: il luogo in cui prende forma il futuro dell’energia.

Ad accoglierci c’era Pietro Barabaschi, Direttore Generale di ITER, che ci ha guidati all’interno del laboratorio, dove scienza, tecnologia e ingegneria lavorano all’unisono. Barabaschi, nato a Milano nel 1965 e laureato in ingegneria elettromeccanica all’Università di Genova, è la vera eccellenza italiana di questo progetto. Sin dagli anni ’90, ha ricoperto incarichi di rilievo sia in ITER sia in Fusion for Energy (F4E). Dal primo ottobre 2022 guida l’ITER Organization come Direttore Generale.

Dopo i controlli di routine e la distribuzione dei dispositivi di sicurezza, la nostra visita dentro al cuore di ITER ha avuto inizio. Grazie alle parole di Barabaschi – vere e proprie note di una lectio magistralis – ci siamo addentrati nella centrale, per scoprire cosa significhi, in concreto, “replicare il Sole sulla Terra”.

Fusione e fissione: la differenza che accende il futuro

La prima distinzione necessaria è tra fissione e fusione. La fissione, cioè la divisione di un nucleo atomico in parti più piccole, è quella che alimenta le centrali nucleari esistenti e può avvenire a temperatura ambiente.

La fusione, al contrario, richiede condizioni estreme: densità e calore elevatissimi. Sul Sole ci pensa la forza di gravità a comprimere i nuclei di idrogeno fino a farli collidere. Sulla Terra, dove questa pressione non esiste, si utilizzano due isotopi dell’idrogeno più reattivi – deuterio e trizio – e li si porta a temperature comprese tra i 100 e i 150 milioni di gradi.

Per ottenere questa condizione, ITER si affida a un gigantesco tokamak, l’enorme struttura metallica a forma di ciambella per trasformare il gas in plasma, il cosiddetto “quarto stato della materia”. A mantenere il plasma sospeso, impedendo che tocchi le pareti, sono i campi magnetici generati da magneti superconduttori: una sfida ingegneristica che mette fianco a fianco i 150 milioni di gradi del plasma e i -270 °C necessari ai magneti, separati da poco più di un metro.

ITER e la sfida del plasma: verso l’energia da fusione sostenibile

Il passo successivo, e il vero banco di prova, è trattenere questo calore abbastanza a lungo da produrre più energia di quanta se ne consumi. I “record di fusione” di cui parlano i media riguardano proprio i progressi nella capacità di confinare il plasma e ridurre al minimo le perdite energetiche. ITER si pone un obiettivo chiaro: riuscire a mantenere il plasma stabile per almeno dieci minuti consecutivi, dimostrando così che il “motore” della fusione può girare a regime. Sarà il passaggio decisivo verso la possibilità, in futuro, di un utilizzo industriale.

Restano tuttavia numerose sfide da superare, che spaziano dalla gestione del ciclo e dalla reperibilità del combustibile, fino ai complessi sistemi interni di auto-fertilizzazione del processo. Proprio queste incertezze rendono ancora impossibile stabilire con precisione quando potremo disporre del primo impianto in grado di produrre energia da fusione.

Il valore della ricerca e il contributo di Walter Tosto al progetto ITER

Infine, c’è la questione dei costi.

I detrattori sostengono che la fusione sia un investimento troppo oneroso e dai tempi incerti. Ma chi guida il progetto ribatte con una visione più ampia: ogni euro speso in ricerca porta con sé nuove competenze, tecnologie e applicazioni impreviste. Il ritorno di ITER potrebbe essere dirompente: non solo una nuova fonte di energia, ma un intero salto di civiltà.

Adesso la vera sfida è quella di rispettare le scadenze, consegnando nei tempi stabiliti anche gli altri settori del gigantesco Vacuum Vessel. È un compito che non dipende più soltanto dalle istituzioni o dai laboratori di ricerca, ma poggia saldamente sulle spalle delle industrie che, giorno dopo giorno, trasformano il disegno sulla carta in materia, acciaio e saldature.

Il ruolo strategico della Walter Tosto nel futuro dell’energia da fusione

In questo percorso, la Walter Tosto – insieme agli altri membri del consorzio AMW – procede con passo sicuro.

«Questa visita a Cadarache – afferma l’AD di Walter Tosto, Luca Tosto – rappresenta il segno concreto di un impegno mantenuto. È come se in quell’istante si fosse consolidata una promessa: fiducia reciproca, stima e professionalità si sono intrecciate per dare forza a una partita che stiamo giocando tutti». E Tosto ha continuato: «Questo giorno va scolpito nella pietra, perché pone un punto fermo: le consegne avverranno nei tempi previsti, nonostante le difficoltà e gli imprevisti che ogni progetto di tale portata inevitabilmente comporta».

Luca Tosto ha voluto sottolineare come la vera forza dell’azienda risieda non solo negli investimenti in tecnologia, ma soprattutto nel capitale umano: nelle maestranze che ogni giorno lavorano con il massimo impegno, e negli ingegneri che guidano la parte scientifica e tecnologica, l’architrave di questa impresa industriale. «Avanziamo perché la squadra è forte e potente» ha ribadito, sintetizzando in poche parole la filosofia che accompagna ogni sfida affrontata dall’azienda. E, con un sorriso che è già un manifesto, ha concluso: «Siamo Tosti, tutti quanti».

Articolo a cura di Benedetta Paludi