Il giramondo (di origine) abruzzese
Un compagno di viaggio speciale. La storia di Andrea Alessandrini, dagli studi ad Atri al giro del mondo come accompagnatore turistico di professione: «La richiesta del momento? Il turismo lento»
Sul suo blog TravelsBeer racconta un mondo di viaggi ed itinerari, paesaggi, trekking e biking in giro per i 4 angoli del Pianeta tra vulcani e panorami mozzafiato. Lui, Andrea Alessandrini, 39 anni, origini abruzzesi (sua madre è nata a Roccamorice, ai piedi della Majella), si presenta come «un viaggiatore da lungo tempo» ma in realtà è un vero e proprio professionista del settore. Dopo la pandemia, infatti, ha lasciato il desk di un’agenzia di scommesse sportive Lottomatica, prima, e la scrivania negli uffici della Snai, dopo, per fare l’accompagnatore turistico di professione. Nell’ intervista che segue racconta ad Abruzzo Economia la sua nuova vita da imprenditore del settore turistico mentre è a Firenze, tappa di un tour che ha organizzato per un gruppo di viaggiatori tra Toscana, Liguria, Lago di Como, approdo ultimo Venezia.
È vero che l’Italia è tornata ad essere una meta molto gettonata dopo anni di viaggi esotici a tutti i costi?
«Verissimo, lavoro molto in Italia perché c’è stata una vera e propria riscoperta del nostro Paese dopo la pandemia. E anche all’estero alcune nuove mete stanno scansando quelle da sempre più gettonate: oggi le rotte più battute sono l’Indonesia, il Marocco, l’Islanda d’inverno. Ad agosto sarò, invece, sul K2 Basecamp del Pakistan: accompagnare un gruppo di cinque persone alla base del K2, nel settantesimo anniversario della spedizione italiana, mi inorgoglisce. I viaggi estremi restano la mia passione: quest’anno, ad esempio, ho fatto un meraviglioso trekking nell’isola di Navarino, Cile, nel punto più meridionale del nostro Pianeta, escludendo l’Antartide. Pedalare per 900 chilometri nella Patagonia è stato un altro splendido momento dei primi mesi dell’anno: visitare i paesaggi selvaggi cileni e argentini, viaggiando lentamente in bici, è stata emozione pura».
Il post pandemia ha cambiato le rotte del turismo ma l’emergenza Covid vera e propria ha modificato il corso della tua vita: quando hai deciso di lasciare tutto per fare della tua passione per i viaggi un vero e proprio lavoro?
«Sì, le restrizioni legate al Covid hanno esasperato la noia di una situazione che già mi stava stretta, con una vita in ufficio da mattina a sera, prima a Roma e poi a Milano – dove i ritmi erano così serrati da sembrarmi “tossici” – e poco a poco la mia voglia di fare qualcosa di più stimolante è diventata incontenibile. Nel momento in cui è cessata l’emergenza sanitaria ho deciso di lanciarmi in questo progetto senza indugiare. Era giunto il momento di chiudere un capitolo della mia vita, che era iniziato lavorando al centro scommesse Snai di Pescara nel 2006. Prima di aprire la mia attività, però, mi sono concesso un anno sabbatico: sono andato in bici dall’Italia a Capo Nord e ho camminato per un mese e mezzo ammirando le montagne nepalesi».
In Abruzzo servono campeggi e ostelli per avvicinare i turisti più giovani al territorio
Come si diventa un professionista di questo settore?
«Ho studiato Management delle Imprese dello Sport e del Turismo ad Atri, poi ho conseguito l’abilitazione come accompagnatore turistico all’Aquila al Politecnica Formazione dell’Aquila, un percorso formativo che molti ignorano improvvisandosi e lavorando spesso fuori dalle regole. I miei primi lavori sono stati in Indonesia, Stati Uniti, Giordania, fino a che non ho cominciato a lavorare per una compagnia australiana come accompagnatore cicloturistico. La bici è la mia passione, l’idea di realizzare dei “cicloviaggi” è sempre stata un mio sogno ed il primo che ho fatto, ripetendolo diverse volte negli anni, è stato Roma-Pescara in sella alle due ruote. Quest’anno, per via delle crescenti richieste, mi sto cimentando con l’escursionismo: dopo la pandemia c’è molta voglia di stare nella natura».
Chi sono i tuoi clienti?
«La mia è una clientela molto varia: perlopiù statunitensi e canadesi ma la cosa bella è che c’è un misto totale di età e di professioni, dallo studente fino all’industriale. Quando si incontrano background così diversi nascono delle storie di vita fantastiche. Mi occupo di ogni aspetto del viaggio per assicurare loro che tutto vada per il verso giusto. È impegnativo anche fisicamente perché seguo 15-20 tour l’anno ma almeno 1 mese, sui 12 del calendario, cerco di passarlo in Abruzzo».
Quali prospettive vedi per il settore?
«Questo è un settore in crescita ed è molto stimolante: il futuro è roseo perché il turismo è ritornato con numeri addirittura superiori rispetto al pre-pandemia. Lavorare con le compagnie straniere è più sfidante ma più remunerativo, delle compagnie italiane pochissime riconoscono a pieno una figura come la mia. Lavoro molto con la G Adventures: è una compagnia canadese che vanta molti anni di esperienza nel settore ed è da loro che arriva una fetta consistente della richiesta».
Più nello specifico, le nuove tendenze sembrano essere “destagionalizzazione” e svolta “slow”: anche dal tuo osservatorio puoi notare che le scelte comode, di prossimità, stanno scansando la “standardizzazione” e le grandi mete?
«Confermo e le ragioni di questo cambio di passo sono facilmente intuibili: le persone hanno bisogno di disintossicarsi da stress e ritmi frenetici e magari sono contente di fermarsi anche per un’intera settimana sulla Costiera Amalfitana pur di vivere a ritmi lenti»
Come si inserisce l’Abruzzo in questo scenario? Peraltro gli ultimi dati fanno registrare un + 8% di presenze nei borghi della nostra regione e dicono che circa 10 milioni di italiani sceglieranno una meta fra natura e aree meno note.
«Questo genere di turismo rappresenta un’ottima opportunità per farsi conoscere a livello internazionale per l’Abruzzo: il territorio della nostra regione è particolarmente vocato ad accogliere esperienze simili e a valorizzarle. Ci sono già alcuni esempi di turismo lento, come quelli di Roccamorice, dove sono nati camping e glamping ma servono più strutture come i campeggi e gli ostelli, anche nell’ottica di avvicinare i giovani al territorio. I prezzi delle strutture ricettive, in tutta Italia, stanno toccando valori altissimi ed è facile immaginare che così si allontana il turista giovane, che spesso è squattrinato».
A cura di Monica De Panfilis