Arriva dal rapporto La bioeconomia in Europa un’analisi sulle imprese bio-based in Abruzzo e il dato correlato sull’impiego del ciclo idrico in chiave ecosostenibile. Ma i risultati sono in chiaroscuro.

Redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo, in collaborazione con il Cluster Spring e Assobiotec-Federchimica, il rapporto, arrivato alla decima edizione, si conferma un punto di riferimento per operatori e policy maker, quantificando il complesso insieme di settori che utilizzano materie prime di origine biologica rinnovabile e fornendo spunti di riflessione sugli sviluppi di uno dei pilastri dell’inevitabile percorso di transizione verso modelli di produzione e consumo più sostenibili.

Start-up bio-based in Italia: distribuzione regionale e il ritardo dell’Abruzzo

Oltre all’aggiornamento al 2023 delle stime sul valore della produzione e sull’occupazione della bioeconomia in Italia, Francia, Germania e Spagna, il documento contiene un’importante analisi sulle start-up della Bioeconomia, un approfondimento dell’innovazione tecnologica e un focus sul ciclo idrico della filiera agroalimentare.

Secondo la FAO sono 21 i Paesi (e rappresentano il 65% del PIL mondiale) dotati di una strategia ad hoc per lo sviluppo sostenibile delle filiere bio-based: l’Italia è fra questi e le analisi del Rapporto confermano la grande vitalità e l’attenzione alla ricerca di soluzioni innovative del tessuto produttivo italiano che opera nei settori della Bioeconomia, al quale contribuiscono grandi, piccole e medie imprese e un numero rilevante di start-up innovative, attive in particolare nella Ricerca e Sviluppo, a testimonianza dell’importanza della tecnologia per affrontare le sfide del futuro.

Filiera agroalimentare e innovazione sostenibile: i settori chiave della bioeconomia

La Bioeconomia in Italia nel 2023 ha prodotto circa 437,5 miliardi di euro e circa 2 milioni di occupati: il 10% della produzione e il 7,6% dell’occupazione sul totale nazionale. La maggiore rilevanza si riferisce alla filiera agro-alimentare con il 63,2%, e il resto della “torta” è suddiviso tra Sistema moda bio-based, Carta, Legno & mobili bio-based, Farmaceutica bio-based, Ciclo idrico, Rifiuti organici, Chimica-Gomma-Plastica bio-based, Bioenergia.

Quanto alle start-up, tra il 2013 e il 2023 sono 808 quelle basate sulla Bioeconomia, il 6,6% sul totale delle start-up innovative registrate in Italia. E dall’analisi della distribuzione territoriale spunta il primo dato che invita a fare di più per l’Abruzzo: le start-up della Bioeconomia sono concentrate in Lombardia, Campania, Lazio, Sicilia, Emilia-Romagna e Veneto; in termini di incidenza sul totale delle start-up registrate in ciascuna regione, emergono anche Trentino Alto-Adige, Umbria, Marche, Molise, Basilicata, Sardegna e Calabria. L’Abruzzo è al quartultimo posto con un 13 (1,6%) e un’incidenza del 4,6% che corrisponde a 0,34 start-up Bio ogni 1.000 imprese registrate.

Risparmio idrico e sostenibilità: l’urgenza per agricoltura e industria

Alla Bioeconomia guarda principalmente il settore alimentare, con una buona propensione alla Ricerca & Sviluppo: in Italia, il 34% delle imprese detiene attività di R&S “in house”. Elevato anche il livello di innovazione di prodotto e di processo: il 19,6% delle imprese Food & Beverage italiane ha lanciato un nuovo prodotto sul mercato e il 36% ha introdotto un’innovazione di processo. Dati (Eurostat – CIS 2020) ben superiori alla media europea.

Una quota crescente di investimenti innovativi è dedicata ai temi della sostenibilità, tra sostituzione di materiali inquinanti o pericolosi e riduzione nell’uso di materiali o nel consumo di acqua, con l’efficientamento e il riutilizzo idrico particolarmente importanti per la filiera agro-alimentare.

Efficienza idrica in Abruzzo: un quadro in chiaroscuro

Il cambiamento climatico sta riducendo la disponibilità d’acqua con un impatto estremamente rilevante sul comparto agricolo e sul settore alimentare, per i quali l’adozione di misure di risparmio idrico e di riutilizzo della risorsa diventano tasselli imprescindibili per la sostenibilità. In Italia il settore agricolo assorbe il 60% dei consumi di acqua complessivi e registra un’elevata propensione all’irrigazione: il 20,2% della superficie agricola utile risulta irrigata, mentre in Francia si scende al 5% e in Germania addirittura al 2,7%.

Di contro, circa il 64% delle 484.000 aziende agricole italiane con superficie irrigabile ha effettivamente irrigato i campi nel 2020, confermando come il comparto sia tra i primi settori a essere colpiti dalla carenza d’acqua. In questo quadro, la posizione dell’Abruzzo è questa: la propensione regionale all’irrigazione è più elevata in Valle d’Aosta, con il 95% della superficie irrigabile irrigata, mentre nelle centrali Marche e Umbria si registra la minore propensione all’irrigazione, con meno del 40% della superficie irrigabile irrigata. L’Abruzzo si piazza poco meglio con il 46,4%.

Riuso delle acque e tecnologie innovative: una risorsa ancora poco sfruttata

Anche l’indicatore Aquastat della FAO registra una flessione dei livelli di efficienza dei consumi irrigui in Italia, ritenendo fondamentale l’adozione di tecnologie innovative come il riuso delle acque in agricoltura.

Nel 2021 la percentuale di reflui depurati riutilizzata è stata pari al 4%, per ARERA il potenziale è pari al 21% del volume totale. Secondo un’analisi di Fondazione Utilitatis, l’incrocio fra domanda reale e offerta potenziale evidenzia che, in alcune Regioni, i volumi depurati potrebbero soddisfare solo in parte la richiesta del settore agricolo, mentre in altre la copertura delle esigenze d’uso irriguo risulta totale.

Per garantire una maggiore diffusione delle pratiche di riutilizzo della risorsa è necessario agire su più fronti. In primo luogo, si deve conseguire una dotazione di impianti di depurazione in grado di trattare i reflui in modo adeguato al successivo riutilizzo. Devono, inoltre, essere realizzate opere di collegamento fra depuratore e utilizzatore. Qui l’Abruzzo riesce a essere l’ottava regione per acqua trattata rispetto ai volumi irrigui utilizzati: il 63%.

Eccellenze industriali abruzzesi nella gestione idrica: il caso Coca-Cola HBC Oricola

Ultima nota felice per la regione è quella relativa ai distretti industriali impegnati nelle pratiche di riutilizzo dell’acqua e al contenimento dei consumi idrici. Ambito in cui vale la AWS (Alliance for Waterstewardship), certificazione attualmente implementata da 284 siti produttivi a livello mondiale, di cui 165 operanti nell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco e 44 nella filiera agricola. In Italia sono localizzati 8 stabilimenti: uno di questi, peraltro con livello Gold (le prestazioni di gestione dell’acqua sono a livelli alti) è quello Coca-Cola HBC Italia di Oricola (Aq).

Articolo a cura di Daniele Galli