Il Camembert di Tortoreto? Lo trovate da Salvatore Pragliola, l’uomo che alleva le sue capre in due stalle mobili

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Un progetto di allevamento ovicaprino e di lavorazione del latte “vivo” sopravvissuto al terremoto del 2016, alla delocalizzazione e alla pandemia. Slow Food mobilita una gara di solidarietà per sostenere l’azienda

Di Jolanda Ferrara

Salvatore il destino ce l’ha scritto nel nome e ce la farà. Deve salvare quel gregge cornuto e felice. Un patrimonio di saperi e sapori che rendono molto speciale la sua produzione artigianale di formaggi caprini a latte crudo. Ha scelto di resistere e non mollare Salvatore Pragliola, 51enne visionario uomo della terra, originario di Giugliano (nord di Napoli), maturità classica e poi l’approdo in Abruzzo, operaio in Val Vibrata, quindi a Ponzano di Civitella del Tronto, il paese franato quattro anni orsono portandosi appresso il suo terreno agricolo.

Nella frazione di Ponzano Salvatore aveva messo in piedi il suo progetto di allevamento ovicaprino e di lavorazione del latte “vivo”. Poi il terremoto dell’agosto 2016, nei mesi successivi il gelo e l’eccezionale nevicata che gli hanno decimato il bestiame, quindi la mega frana che ha inghiottito tutto compresa la sua fattoria. Infine esiliato in altre terre, “delocalizzato” a Cavatassi, sui colli di Tortoreto. Era sul punto di ripartire quando è arrivata la pandemia. La mazzata finale. Così Salvatore, da titolare di un’azienda distintasi per la vocazione al sociale e alla solidarietà, oggi si ritrova ad abitare dentro un container. E con due stalle mobili, quella riservata alle caprette e alla mungitura, l’altra ai due esemplari maschi e al fieno per l’inverno. Soluzioni di fortuna con cui finora è miracolosamente riuscito a tenere tutto insieme ripristinando la sua filiera. Tutto ruota intorno a loro, una ottantina di capre di razza camosciata curiose di nuove amicizie e zompettanti intorno ai campi gentili ai piedi di Tortoreto. Tre ettari non sono granchè e ogni giorno quand’è l’ora del pascolo sconfinano nei campi vicini. “Quel che più conta sono le mie principesse” ripete Salvatore. “A loro devo assicurare cura e benessere ogni giorno, il cibo più sano e naturale premessa per un latte nobile che diventerà formaggio di pregio” spiega con la convinzione di chi vuol proteggere il suo sogno ad ogni costo.

Impresa ardua quando si sono spese le ultime risorse per acquistare nuovo terreno, peraltro insufficiente. Ma si va avanti. Due mungiture ogni giorno, mattino presto e nell’ora prima del tramonto. Un quintale di latte al giorno che dal prossimo anno Salvatore conta di portare a un quintale mezzo, “cosa che ci permetterebbe di vivere dignitosamente” specifica. Invece no. Il lavoro manca. La ristorazione è stata ferma per mesi e gran parte del prodotto vivo di Salvatore, formaggi e agnelli, sotto Pasqua è stato dato in dono alle mense caritatevoli o, peggio, distrutto. Ottanta-centomila euro di fatturato potenziale, senza buttare via nemmeno un grammo di formaggio, senza essere costretti a macellare e regalare capretti per liberare la stalla. Una condizione insostenibile e paradossale. Quelle caprette originarie delle Alpi francesi producono latte dall’ottima caseina, lattosio e grassi più leggeri di altri latti, ideale per formaggi sopraffini. Un’eccellenza in grado di competere a testa alta con i più famosi caprini d’oltralpe.

Eppure. La crisi profonda che ancora attanaglia l’economia combinata con le difficoltà della ristorazione, hanno stremato l’attività della sua specialissima azienda. Inaccettabile per la locale condotta Slow Food, che ha deciso di mobilitare ristoratori, comunicatori, gruppi di acquisto solidale e gli stessi vertici nazionali dell’associazione affinchè la storia di Salvatore venga a galla e diventi un’eccellenza da vantare per tutto il territorio: Salvatore Pragliola simbolo di coraggio e nuova resistenza agricola. E di ritrovato senso di comunità.

Dal giorno dell’esperienza sensoriale, a fine maggio, attorno a quei prelibati formaggi, l’entusiasmo per l’azienda di Salvatore è salito alle stelle, la gara di solidarietà si è messa in moto spontaneamente. I ristoratori di area “Qualità Abruzzo” e Lady chef Abruzzo hanno accolto immediatamente l’invito a supportare l’azienda inserendo nei propri menu quelle prelibatezze a latte crudo. A dare il buon esempio fin dai mesi scorsi due figure di riferimento della ristorazione teramana. Patrizia Corradetti, anima del ristoro di campagna Zenobi sulle colline di Colonnella, che ha devoluto il ricavato di una cena con la Confraternita del Grappolo all’azienda di Cavatassi.

Da sx GAbrile Ruffini di Slow Food Val Vibrata e Giulianova; Coline, la stagista; la compagna di Salvatore Pragliola e lui, appunto, ultimo a dx

E Gabriele Ruffini, colonna storica della condotta Slow Food di Val Vibrata e Giulianova e direttore del country house Borgo Spoltino a Selva Alta di Mosciano Sant’Angelo, che conferma. “Accoglieremo Salvatore tra le fila di Qualità Abruzzo senza chiedere quota di iscrizione, la sua tenacia e la sua piccola produzione di grande qualità vanno fatte conoscere al pubblico più consapevole, è nella mission di Slow Food, un’occasione per valorizzare e tutelare la nostra biodiversità”. Alti standard qualitativi dunque, che non possono rientrare nei prezzi della grande distribuzione. “Cerchiamo un mercato selezionato, evoluto, consapevole” aggiunge Salvatore.

Ma cosa rende unici e di altissimo livello quei caprini? Sicuramente know how e rispetto della materia prima. Degli animali innanzitutto.“Dico sempre che il nostro prodotto nasce in stalla” racconta Pragliola ad #abruzzoeconomiaonline. “Il latte che portiamo in caseificio arriva da animali trattati bene, curati nell’igiene e nella mungitura, alimentati con mais avena e piselli, granaglie naturali, no mangimi industriali. Per lavorare latte crudo la carica batterica deve essere talmente bassa da garantire il prodotto dal punto di vista sanitario, il benessere animale è determinante”.

Le modalità di lavorazione del latte fanno il resto. “E’ una tecnica francese che da autodidatta ho appreso in un’azienda in Umbria dove ho ricevuto alcuni capi in dono e una raccolta fondi a sostegno della mia attività. Amici a cui sarò sempre grato e riconoscente, che mi hanno insegnato un modo di lavorare diverso da quello italiano. Per loro latte di capra è uguale a delicatezza, gusto fine ed elegante”. Gusto che si ritrova in tutte le diverse tipologie di formaggio prodotto da Salvatore senza ricorrere alla pastorizzazione del latte. Ovvero secondo la tecnica della coagulazione lattica, alla base del loro ricercato gusto acidulo e cremoso. Primosale, spalmabile, crottino maturato con muffe nobili, tronchetto a carbone vegetale, fino al pezzo forte “il camembert di Tortoreto”. “E se avessi a disposizione delle cantine di maturazione l’offerta sarebbe ancora più variegata” aggiunge Salvatore. “Il Camembert di Tortoreto? Delicato e speciale come quello Aop della Normandia” sorride soddisfatta Coline, la 22 enne tirocinante nell’azienda di Salvatore arrivata da La Rochelle, costa francesce a sud-ovest sull’Atlantico. Dove in materia di formaggi se ne intendono sul serio. “Qui “ dichiara felice Coline “ho ritrovato la delicatezza dei formaggi francesi e ho scoperto l’olio extravergine di oliva, cosa chiedere di più?”.