L’Abruzzo tra crisi e ripresa

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«Nel corso di questi due anni e mezzo ho contato il numero di ore dedicate alle aziende in crisi e a quelle che vogliono investire. Sono partito da un rapporto 100 a 0 e debbo dire che ad oggi le cose stanno cambiando».
Intervista al vicepresidente Giovanni Lolli


A cura della redazione

 

L’industria abruzzese cresce, ma con poco slancio. Come supportare la capacità produttiva compromessa dalla crisi?

«Siamo una delle regioni più industrializzate d’Italia e, aggiungerei, d’Europa. Rispetto alle altre regioni meridionali, il nostro è un ecosistema in cui vi sono grandi e piccole imprese, differenziate in più settori. Detto questo, dobbiamo tener conto di quattro grandi problematiche. Innanzitutto, in Abruzzo la crisi è stata più forte che altrove a causa del terremoto e delle vicende di carattere istituzionale. In secondo luogo, il nostro è un sistema industriale “duale” costituito da grandi e medie imprese e dal mondo della piccola e piccolissima impresa, purtroppo in sofferenza. Terza considerazione: facciamo poca ricerca. Quarta questione: siamo una regione industriale ma dal punto di vista infrastrutturale restiamo un territorio arretrato. Dalla viabilità portuale e su ferro ai sistemi di depurazione alla banda larga, accusiamo un ritardo molto forte. Solo tenendo conto di ciò si può lavorare ad un rilancio della capacità produttiva compromessa dalla crisi.

È vero che gli strumenti sono esogeni ma la Regione può e deve fare la sua parte. In questa sfida per una politica industriale efficace, ho deciso di puntare sull’attiva partecipazione di tutti gli operatori economici del territorio. Una scelta di metodo decisiva che sta dando i suoi frutti. Ne è un esempio la Carta di Pescara, un documento sull’industria sostenibile, redatto insieme a tutti gli attori coinvolti».

La carenza di innovazione in Abruzzo è uno dei punti più complessi da superare e sui quali si registrano maggiori difficoltà. Quali sono le iniziative in campo?

«Le risorse comunitarie sono poche rispetto a quelle destinate ad altre regioni, questo a causa di una scelta sbagliata fatta in precedenza, ovvero quella di inserire l’Abruzzo tra le regioni in transizione. Il nostro FESR è uno dei più piccoli e dobbiamo spenderlo bene. Come per i Fondi Strutturali, si attiva con la quota di cofinanziamento a carico del bilancio regionale, nel quale gli spazi finanziari sono drammaticamente ristretti.
La Regione ha aperto la stagione della programmazione FESR 2014-2020 con il bando “Ricerca e Innovazione” di 16 milioni di euro per progetti superiori a 5 milioni, scaduto a metà febbraio. Abbiamo voluto consolidare il sistema delle aziende per metterle in condizione di rafforzarsi e gettare le basi per investimenti e occupazione. Inoltre, una parte del FESR regionale potrebbe essere destinata a finanziare lo scorrimento della graduatoria del bando nazionale sulla ricerca pubblicato dal MiSE per progetti da 800.000 a 5 milioni di euro, dove già figurano 50 imprese abruzzesi su 55 ammesse.
Infine, è operativo il bando in “de minimis” che supporta il trasferimento tecnologico alle piccole imprese per investimenti più piccoli di 200.0000 euro».

 

Adesso, una domanda più leggera. Da uomo politico e appassionato di montagna, quanto è arduo raggiungere la vetta, intesa sia in senso concreto, sia in senso figurato?

«In un grande libro leggiamo che nella ricerca della terra promessa, la cosa bella non è la terra ma la promessa. La questione, quindi, non è tanto il raggiungimento della vetta ma il percorso che si compie verso questa meta, come lo si costruisce giorno per giorno, insieme agli altri. È questo che trovo appassionante dell’attività istituzionale e politica oltre che della montagna. Vivendo in un’epoca di annunciatori seriali che fanno il passo più lungo della gamba, bisogna procedere con cautela. Solo con onestà, fatica e umiltà nel riconoscere le difficoltà, si può scalare la via più impervia».

 

Per saperne di più, l’intervista completa è all’interno del cartaceo di Abruzzo Economia.

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