Roberta Vitale: una carriera in costruzione

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Roberta Vitale, presidente nazionale Ance giovani

Leader dell’Ance Giovani Nazionale, ha un piano per la ripresa basato su semplificazione e innovazione tecnologica. E sull’Abruzzo dice: «Ogni territorio merita la sua attenzione»

 A cura di Maura Di Marco

Quarantenne, madre di due bimbi piccoli, di otto e cinque anni, alla guida di ANCE Giovani nazionale, oltre che dell’azienda di famiglia, la Grv Costruzioni e Restauri. Si chiama Roberta Vitale, partenopea, laureata in architettura, con il pallino per l’innovazione tecnologica. Ebbene sì, una donna a capo di un settore prevalentemente maschile ma questo non deve stupire, ci dice al telefono, «perché, per fortuna, c’è stato un cambio generazionale. Non sono la prima alla guida dell’Ance. Il primato va a Simona Leggeri e risale a ben tre mandati fa. Molti di noi imprenditori edili abbiamo ereditato le aziende dai padri di famiglia ma se, prima, il gentil sesso si limitava a prendere le redini delle attività, ora, consapevole più che mai di poter far tutto, intraprende senza problemi anche la carriera associativa».

Ed eccola, dunque, a parlare, dall’altro capo del telefono, ad affrontare l’annosa questione della messa in sicurezza degli edifici, uno dei settori più in crisi dell’economia italiana: l’edilizia. «Gli ultimi dati presentati dal nostro osservatorio ci raccontano un’ecatombe. Uno scenario da dopoguerra con una parabola discendente che sembra non finire mai. Ma (si lascia andare ad una risata solare come la sua Napoli, ndr) abbiamo delle previsioni positive per questo 2018, anche se, lo dobbiamo ammettere, sono tre anni che apriamo con un segno più e finiamo con un meno. Non tutto dipende dalle nostre imprese, però: le responsabilità principali sono da attribuire al governo e alla burocrazia. Abbiamo assistito, negli ultimi anni, ad una progressiva riduzione della capacità di spesa della Pa accompagnata dall’inadeguatezza del nuovo codice degli appalti. Un esempio per tutti: il 70% del patrimonio edilizio italiano è vetusto ma non ci sono possibilità per dare avvio a una vera rigenerazione urbana».

Mi ha appena detto che le responsabilità non sono tutte da attribuire alle imprese bensì al governo e alla burocrazia. E allora, quali sono gli elementi che non dovrebbero mancare a favore dell’edilizia?

«Nell’ultimo periodo abbiamo molto ragionato su cosa abbiamo perso e sul perché. Le strade da percorrere per la ripresa sono tre. La prima è, sicuramente, una riforma dei principi sostanziali del codice degli appalti. Sono due anni che siamo costretti a lavorare con una normativa monca che ha dimostrato l’inadeguatezza della soft law a supporto di un codice evidentemente incompleto. Si pensi, per esempio, alle qualificazione delle stazioni appaltanti: in assenza di un decreto, le più piccole hanno serie difficoltà ad andare avanti. La seconda, invece, è rappresentata da un processo di modifica dello split payment, un “modo carino” per lo Stato di fare cassa con la liquidità delle imprese e per il quale abbiamo presentato un ricorso alla Commissione europea. Lo split payment prevede, purtroppo, dei tempi di recupero lunghissimi rappresentando, così, un modo ulteriore per affossare le aziende. Infine, va completamente rivisto il settore dell’edilizia privata: la rigenerazione urbana è, di sicuro, una grande opportunità per le nostre città. Il governo si è mosso fino ad ora sulla via delle ristrutturazioni ma non è sufficiente: anzi, così facendo, le case di classe energetica A e B rischiano di restare invendute».

Nelle sue dichiarazioni parla spesso di innovazione tecnologica. In che modo il digitale può supportare il settore delle costruzioni?

«Sono convinta che la digitalizzazione possa far raggiungere traguardi ambiziosi sia per quanto riguarda l’innovazione di processo che di prodotto. Qualche esempio: il BIM, acronimo di Building Information Modelling, indica un metodo per l’ottimizzazione dei processi di pianificazione, realizzazione e gestione di costruzioni tramite l’aiuto di un sistema di software. Oppure la realtà virtuale, utilizzata sia per stuzzicare l’immaginazione del cliente finale, sia dal capo cantiere per l’individuazione degli impianti di un edificio. O ancora le stampanti 3D che, per esempio, nel campo dell’efficientamento energetico consentono di sostituire velocemente e con costi ridotti gli involucri edilizi degli edifici privati».

Ovunque ci giriamo, sentiamo parlare di internazionalizzazione come la panacea di tutti i mali. Che ruolo ha in un settore come quello edile?

«Il “Made in Italy” è per fortuna una componente riconosciuta anche nel nostro campo ed è per questo che oggi, soprattutto le grandi aziende, operano per il 60-70% fuori ed il resto in Italia. Anche le imprese di piccole dimensioni, che contano dai 10 ai 40 dipendenti, stanno sperimentando nuove forme di aggregazione per lavorare all’estero, come le filiere o le reti di impresa, che permettono di ottimizzare gli investimenti e di massimizzare i benefici».

La versione integrale dell’intervista è in edicola, pubblicata sul n. 7 della nuova edizione di Abruzzo Economia